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D'ANGELICA

DI M. PIETRO ARETINO

DUE PRIMI CANTI

 

 

A LA MARCHESA DEL VASTO

PIETRO ARETINO

 

PeressereAltissima Signoral'audazia non pur il seggio et il diadema de tutte ledignità de l'animoma una virtú piú d'ogni altra riguardata da la Fortunacon l'ardire de la sua fronte vi mando le rime presentitenendo fatal venturase aviene che ciò me si dedichi per temeritàperò che da sí fattaprosunzione nascono due illustrissimi effetti: l'uno intitola i versi alsopraumano consorte vostro; l'altro gli porge a voiche sua divina moglieresete. Per la qual cosa egliche vi adoravedendoci Mariagli prenderà con la destra de l'affezzionee voiche l'adorateleggendoci Alfonsogli riceverete con quella del core; e cosí lo stil miocome uscisse da venacelestede indegno e basso diventerà gradito e supremo. Et è dono de lestelle che permettano che siate tale per dar qualità ad altriet erra chi nonse inchina ad accendervi lumi et a chiedervi grazieperché non solamenterisplendete come rami de la sacra arbore di Aragona e de l'eterna pianta d'Avoloscheinestati in uno istesso cepposenza temer che i nembi de la sorte colsecco del suo verno disperda il verde del vostro aprileproducete frondi dilodefiori di onore e frutti di gloriama vi dimostrate a noi quasi miracoliche empiete il mondo d'altro stupore che non fece Vener di Gnido et il Colossodi Rodi. Et è ben drittoda che ne le due statue si vide la fatica de l'arteil pellegrino de l'ingegno et il pregio del marmoe ne la coppia ch'io dicoappare il piacer de Iddiola sodisfazione de la Natura et il diletto de iPianeti; sí che ceda la gran figura del Sole et il bello intaglio di Citerea almerito del rettor de l'armi cesaree et a l'assempio de la forma de gli angeli;ceda a la età nostra il secolo sollevato da la superbia mercé di cotaliimagini; ovolendo vantarsi e meravigliarsiimpari a conoscere ciò ch'èvanto e maraviglia ne l'opere sue e ne l'eccellenze vostre. Quali termini del'universo non tocca il dito del valore de sí magno cavaliero? L'aere di qualclima non trattano le penne de la fama di cotanto principe? Quai raggi non glicircondano il perpetuo del nome? Ecco la Invidia chenon torcendo punto ilguardoperduta ogni sua menda ne la maestà de la vostra sembianzaastratta nei reverendi movimenti de gli occhi vostristassi godendo de l'odore che vispira da le chiome econfusa ne l'oro per cui rifulganoconfessa ches'ingiuria la potenza del Cieloda cui traete l'originea dirvisi donna e nondea.


AL GRAN MARCHESE DEL VASTO

 

 

PRIMO CANTO

 


1

 

Iovorrei dir la donna ch'ebbe il vanto
di leggiadra et angelica bellezza
la qual l'amato ben sospirò tanto
che depose la gioia e l'alterezza
et imparato a pianger con quel pianto
che ad altri insegnò già la sua durezza:
Medor pur chiama in suon languido e fioco
che non l'ascolta e 'l suo mal prende a gioco.

 

2

 

Manon lice ch'io scriva o ch'io favelle
se pria non porgo i caldi prieghi miei
al chiaro Alfonsoper sue opre belle
già nel numero eletto de gli dei
cheasceso nel collegio de le stelle
quel valordi che lampa et idol sei
sí come al mondo face alzar le ciglia
cosí il cielo empierà di maraviglia.

 

3

 

Ode i gentili spirti unica spene
e de le lor memorie alto sostegno
che senza il favor tuo non si conviene
ne le carte spiegar penna d'ingegno
come a bearti il dí prescritto viene
in qual pianetain qual cieloin qual segno
apparirai nel tuo lucente seggio
a cui l'alma inchinar col mondo deggio?

 

4

 

Ciascunastella vorrà loco farti
tosto ch'a gir lassuso il volo pigli:
se in vece de la Libra vuoi locarti
a sé ritirerà Scorpio gli artigli.
Ma devigiunto a quelle sante parti
u' gli eterni udirai di Dio consigli
risplender dove i giusti prieghi e i voti
possa meglio ascoltar de i tuoi devoti.

 

5

 

Benchétranslato in cielforse vorrai
regger la terra o porre a l'acque il freno
(de l'abisso non parloche non hai
desio d'ivi regnar nel real seno).
Ma ora aita — qual che tu sarai
che mortal uom non l'antivede a pieno —
l'umile musa mia fatta superba
per la divinità che il ciel ti serba.

 

6

 

PioviSignorde la tua grazia rara
sopra me sí ch'io scorga quelle vie
dove debbo por giú con lode chiara
il fascio alter de le fatiche mie.
Or di ricever le mie note impara
ne le tue caste e grate orecchie pie
acciò tu riconosca dal ciel poi
le voci ch'io ti porgerò fra noi.

 

7

 

Giàsento un nuovo ardor ne l'intelletto
che 'l move a dir d'Angelicache spinse
sé ad amar con tanto audace affetto
Medorche sí di foco il cor le cinse
ch'al giogo marital sotto umil tetto
qual piacque al cielseco s'offerse e strinse
né avendo di lui piú caro pegno
li fe' don del diadema del suo regno.

 

8

 

LaFamavaga de sí nuova cosa
tosto divolga in questa parte e in quella
come s'è fatta d'un vil moro sposa
Angelica e ciascun di ciò favella;
né si creda però che stesse ascosa
a i fidi servi suoi l'empia novella
anzi l'udir tanto de gli altri in prima
quanto di lei fan piú de gli altri stima.

 

9

 

Mail caso a passion varie movea
qualunche l'ode e seco ne bisbiglia:
chi per fama la donna conoscea
ha del fin del suo amor gran meraviglia;
chi la vide del ben ch'altri n'avea
meraviglia et invidia insieme piglia;
chi l'ama e intende di chi sposa ella era
n'ha invidiameraviglia e doglia fera.

 

10

 

Quellafu dogliaquella invidia fue
quella fu meraviglia che ne l'alma
ebber color che le bellezze sue
inchinar come cosa del cielo alma
né gli ritenne alcun dubbio infra due
con sí e noma ne l'aperta palma
par ch'avesser il ver — cosí si crede —
dando a quel che n'udiro intera fede.

 

11

 

S'amantiprovar mai tormenti fieri
con lagrime provargli e con sospiri
d'Angelica gli accesi cavalieri
che meritar corona di martíri
quel dí che in mezzo de' lor cori alteri
già colmi di speranze e di desiri
sonò come il felice e bel Medoro
sentiti i frutti avea del sudor loro.

 

12

 

Madentro a gli arsi e disdegnosi petti
l'amorosa et acerba pena dura
benché egual fossefe' diversi effetti
forse perché diversa ebber natura.
Orlandoprimo infra gli amanti eletti
non come gli altri udí l'alta ventura
del garzon fortunato: ei vide espresso
quel che 'l fece uscir tosto di se stesso.

 

13

 

Eivide l'antro ove a la donna piacque
bear chi ell'ama; ei lesse l'epigramma
in cui Medoro il suo gioir non tacque
il suo gioir che altri a dolersi infiamma;
nel letto ei fu dove la coppia giacque;
egli udísé struggendo a dramma a dramma
l'istoria dal pastor de la sua dea;
vide il cierchio ch'al braccio essa tenea.

 

14

 

Ondesí fiero duolo e sí possente
assalse il cor de l'infiammato conte
chemancatoli il pianto e 'l suon dolente
del sospirare e le querele pronte
mosse in tanto furor che follemente
scoperse ignude le sue membra conte
e se pietà celeste non avia
cura di luirestava in tal follia.

 

15

 

Ranaldomentre il comun grido ascolta
in preda al duol qual l'inesperto Orlando
non diede séche esperienzia molta
avea in amarperò fu saggio amando:
ei pianse benno già con voce sciolta
ma con suono interrotto sospirando;
premendo il duol che l'anima gli afflisse
con la lingua si tacque e col cor disse.

 

16

 

Fattoa la fin con la sua doglia tregua
quasi uom ch'ha pur di sé qualche pietade
“ Sarà mai dice “ che piúami o segua
donna che vive sol di crudeltade
e da gli uomini illustri si dilegua
perché goda de l'alta sua beltade
un garzon peregrinoun senza nome
sol per aver begli occhi e belle chiome? ”.

 

17

 

Cosídicendo sente por la mano
del giusto sdegno nel suo nobil core
e per l'atto d'Angelica villano
svegliarne a forza il desleale amore
né piú gli par che il dolce viso umano
vinca il lume del sol col suo splendore
anzi non può soff[e]rir che alcuno dica
ch'ella fosse giamai bella o pudica.

 

18

 

L'ultimoa udire il fatto è Sacripante
in cui fan nido i nobili costumi
che né Marte né Amor si scorge inante
servo che il nome piú gli impenni e allumi.
Il sacro reil singulare amante
sen gía solingone i bei dolci lumi
d'Angelica il pensier fisso tenendo
di gelosia come d'amor ardendo.

 

19

 

Ementre per drittissimo camino
va de la donna sua cercando l'orme
un bel boschetto a sé scopre vicino
che d'un picciol teatro ha natie forme
e s'alcun v'entra stanco e peregrino
ivi s'arrestaivi s'adagia e dorme
tosto ponendo ogni noia in oblio
al suon d'un chiaro e fresco e dolce rio.

 

20

 

Parche il bel rio col mormorar suo lento
chiami a posarsi ogniun ch'al bosco arriva
e par che da le frondiu' spira il vento
piovino i sonni in grembo a l'ombra estiva;
arresta de gli augei l'almo concento
qualunque vien per la fiorita riva;
l'aria rider fa il luogo e il verde eletto
par s'offerisca e per seggio e per letto.

 

21

 

Giuntoil degno et errante cavaliero
al bel boschetto verdeggiante e raro
per quetar l'amoroso alto pensiero
a l'ombra fresca del bel sito caro
del caval smonta. Intanto ecco un corriero
che lo saluta con sembiante chiaro
e 'l gentil Sacripante lo dimanda
chi egli è e dove va e chi lo manda.

 

22

 

—D'Angelica immortal messo son io —
l'uom fedel tutto lieto li rispose —
che al mondo ho da far noto che d'un dio
s'è fatta sposacome il ciel dispose;
e se l'effigie hai di veder desio
di quel ch'ella ama sopra l'altre cose
io te la mostreròma falle onore
che l'ha con le man sue dipinta Amore —.

 

23

 

Cosídicendo il naturale e vivo
essempio a sé trasse il corrier di seno
il qualeper mostrar l'idol suo divo
di leggiadria e d'alme grazie pieno
e per far anco di speranza privo
color che tien con l'amoroso freno
fa publicare Angelica e sol brama
che piú tosto lo veggia chi piú l'ama.

 

24

 

Quandogli occhi a l'imagine il re porse
sparse le guancie di color di morte;
freddo sudor per le sue membra corse
fe' la bocca di felle labbra smorte
il lume perde e di se stesso in forse
li mor la lingua e il cor li batte forte
l'alma sua langue in passione accerba
la lena mancaond'ei cade in su l'erba.

 

25

 

Parveun uom che de subito s'accora
novella udendo che non pensa udire
che ad un tratto nel volto si scolora
e poscia cade vinto dal martíre
stando senza potere un terzo d'ora
pur respirarnon che parola dire;
ma gli spirti a i suoi luoghi ritornando
fa segno d'esser vivo sospirando.

 

26

 

L'altissimosignor con un sospiro
in sé riviene e fa di pianto un lago;
poi con incomprensibile martíro
prende tremando di Medor l'imago
dicendo: — Pur l'umíl sembianza miro
di quel ch'è piú di me felice e vago
non già piú degno. Eh! perchécrudo fato
misero un re e un servo far beato?

 

27

 

Iomi credea che 'l valorch'è immortale
e non ha men che 'l sol lume né rai
a la vaga beltà caduca e frale
si dovesse proponer sempre mai
e altier men giva di credenza tale
che s'è valore in me tuAlbraccail sai
che te salvai d'Agrican fero e crudo
del letto uscendo solferito e nudo.

 

28

 

Ebenché lodar sé non sia permesso
il dirò pur: dovea beato farme
Angelica per l'atto al mondo espresso
e per mille altri ch'io le ‹ho› mostro in arme;
manon che trapassarnon può gir presso
il valor mio a la beltàche parme
qui sí vaga veder (se questa è vera)
di cui gioisce la mia donna fera.

 

29

 

Enon s'acorge che i bei soli ardenti
di chi tanto ama e l'ostroil qual colora
il puro lattee i crin d'oro lucenti
e del bel viso e de la fronte ancora
l'aria e 'l sereno et i soavi accenti
che tra perle e rubini escono fora
son quasi un vago e delicato fiore
che con quel dí che nasce con quel more —.

 

30

 

Ciòdettoafflittomesto e lagrimoso
dal messoch'ode la sua pena grave
spia se 'l garzon piú ch'altro aventuroso
è tal qual la pittura mostra gli have;
et egli a lui: — Il giovan grazioso
che tien del cor d'Angelica la chiave
è senza parné può la man de l'arte
tanta divinità ritrare in carte.

 

31

 

ComeAngelica egli è tener d'etade
lascivi ha gli attiha dolce il guardo amato
epien di grazieè colmo d'onestade
vezzoso ne l'andarne lo star grato
parla soaveha in fronte maestade
Cupido paranzi un angel beato
ha d'or fino i capeidi rose il viso
et una aria che ride senza riso.

 

32

 

Medorsuo nome dolcemente suona
che tosto fia di real manto adorno
tosto risplenderà de la corona
del gran Catai e già s'appressa il giorno.
Ma dove che io lasciai l'alta persona
d'Angelica soave in bel soggiorno
non posso dirche mi impose al partire
che dove fosse io non ardissi dire —.

 

33

 

Chivide uom mai vago d'intender cosa
che teme di saperla e attento ascolta
ciò che udir non vorebbeonde l'ascosa
picciola pena sua diventa molta
vede il buon Sacripanteche non osa
piú il messo dimandarcon voce sciolta
del suo cordoglio e tacendo s'accora
che men certezza averne il meglio fora.

 

34

 

Pursospirando alfin disse: — Riprendi
il bel ritratto e al mondo lo divolga
e tanto in ogni parte i passi stendi
che ciascuno in ver' lui gli occhi rivolga.
S'ad Angelica poi te stesso rendi
le di' (né ciò di mente te si tolga)
che Sacripante è de la vita privo
che morto son bench'io rassembri vivo —.

 

35

 

Basciail messaggio l'effigie divina
mentre il re gliela porge e con gran cura
la ripiega e ripone e poscia inchina
al cavaliere e in Francia andar procura
per ubbidir la singular reina.
Or l'amanterimaso in pena dura
dice non senza lagrime in suon pio:
— Chi mi consiglierà? Che far debbo io?

 

36

 

Iodoverei tutto coperto d'arme
non che al Catai (poco lontana parte)
ma in questo et in quel clima translatarme
u' non mai il caldoove il gel mai non parte
e 'l mio aversario indi dal cor levarme
che di lei gode sí che io non vi ho parte
mercé del ciel che a dar non si fu volto
il mio animo a lui e a me il suo volto.

 

37

 

Adunqueil cielnon la mia donna bella
del terren paradiso unico sole
ha colpa del mio malee forse ch'ella
de mia speme tradita ora si dole
perché mia sorte e sua perversa stella
ch'ella odi il gran valor consente e vole
et ami in terra beltà senza essempio.
Ma che non puote il ciel invido et empio? —

 

38

 

Spezzòun tal lamento un forte grido
con note a l'aria dolorose e sole;
ond'eirivolto al suon ch'empie ogni lido
vede uno a pièmentre piú coce il sole
che sen viene in ver lui e Amor infido
chiama a gran voce e sol d'Amor si dole.
Gli è Ferraúil qual si scorge inante
quasi uom che spira il miser Sacripante.

 

39

 

Raffigurolloin farseli vicino
e nel veder come in su l'erba giace
disse ridendo: — O nobil saracino
voi riposate a l'ombra e a l'aura in pace
et un vil servo (ahinostro reo destino!
ahidiscortese Amorcrudo e fallace!)
gioisce in seno a l'empia donna nostra
e sé felice in ogni parte mostra.

 

40

 

Coleiche ne fa il petto un mongibello
hassi per bel suo paradiso eletto
un servoche solea di Dardinello
e spogliar e vestir la mensa e il letto.
Or mercé bellaor guiderdone bello
ch'ottien chi l'ama! — E mentre ha cosí detto
si morde il dito e disdegnato stride
e nell'ira e nel duol piangendo ride.

 

41

 

Ciòudendo il rebenché nel duol si stempre
disse: — Nostra empia e sua benigna sorte
ardere et agghiacciar ne farà sempre
né pace avrem giamai se non per morte —.
Ferraúche con salde e saggie tempre
non regge séfece le luci torte
dicendo: — In me non ha ragione alcuna
né cieloné pianetané fortuna.

 

42

 

Puoteil fato di voi fors'esser donno
di me non giàch'or al Catai men vado
perché dorma Medor l'eterno sonno
de la malvagia Angelica mal grado;
e se in altrui le inique stelle ponno
lor forza in un mio par puote di rado
e né uomo né dio cosa può farme
che pentir nol facessi con queste arme —.

 

43

 

Ecredendo del tutto essere armato
si vede a piè sin de la spada inerme;
et alquanto in se stesso ritornato
tenea le luci al cielo attente e ferme
perché strano furor l'ha trapportato
per dritte strade e per vie torte ed erme;
l'intender di Medor l'istoria vera
del suo sí lungo error la cagion era.

 

44

 

Quandoegli udí l'altrui ineffabil gioco
mosse a piedi senz'armein furor volto
qual pastor che la greggia lascia e il loco
dove giacea a guisa d'uomo stolto
udito il tuon poi ch'egli ha visto il foco
del folgor che li cade appresso molto
poidal timor riscosso e da l'affanno
di se stesso s'avede e del suo danno.

 

45

 

Inpresenza del sir di Circassia
se riconobbe l'uom di Spagna ardito;
a cui disse con somma cortesia
il re del latte di Palla nodrito:
— Signorcolma di duol la doglia mia
l'intender io del caso ch'è seguito;
or ora han visto cosa gli occhi miei
che per piú non veder non gli vorrei.

 

46

 

Vistoho l'effigie di colui che nacque
in sí secondo favor de i pianeti
che possede colei che sol ne piacque
perché non abbiam mainon dico lieti
ma duo dí senza noia —. E qui si tacque
con sospiri cocenti et inquieti.
Avrebbe oltra parlato ma tacea
ch'il duol gli veta ciò che dir volea.

 

47

 

Inquesto Ferraú con voce insana
il filo a la sua lingua a un tratto spezza
gridando: — Adunque una lascivia umana
di leggiadria composta e di vaghezza
che tosto sparirà qual ombra vana
l'ingrata donname spregiandoapprezza?
Ahiria putta sfacciataadunque tu
osi far tanta ingiuria a Ferraú? —

 

48

 

Poitutto assalse col suo parlar empio
il vago de le donne amato stuolo
e fe' del merto lor sí vile scempio
ch'Amor ne pianse per ira e per duolo.
E piangendo dicea: — Di doglia m'empio
con gran ragion perchéil collegio solo
non sendo de le donnenon potrei
or gli uomini domareora gli dei.

 

49

 

Lormercede in su gli omeri ho queste ali
la benda a gli occhi e in man questo arco franco;
mercé loro ho i piombati e gli aurei strali
e la faretra che mi pende al fianco;
del numer son de i sommi dei immortali
pur per mercede loro et ispero anco
come per lor mercede io vivo e regno
mercé lor farmi ancor del tempio degno —.

 

50

 

MentreAmor duolsiil re al guerrier crudo:
— È indegno — dice —ch'un par vostro vada
senza cavalsenz'elmo e senza scudo
né al fianco avendo pur cinta la spada;
ma è ben degno ch'iorimaso ignudo
d'ogni speranzain questa alma contrada
de l'arme e del destrier privo rimanga
e a voi gli sacri e poi mia sorte pianga.

 

51

 

Ilcavallo e la spada e l'arme a voi
consacroa voi de gli alti onor figliuolo
che far non ne potrei dono infra noi
ad uom piú degnoa cavalier piú solo.
Prendetelch'io de l'ordin de gli eroi
piú non mi appello; anzi con grave duolo
terminar vo' questo mio viver fosco
in asprosolitario e orribil bosco —.

 

52

 

Ciòdetto l'arme spogliasi e ne veste
Ferraúche del don grazie gli rende;
gli allaccia e cinge (pur con luci meste)
l'elmo e la spadaonde a cavallo ascende
l'ispano amantech'ora sol di queste
cortesie nuove alta letizia prende
e fa nel dipartir dal gran circasso
con gli sproni al caval veloce il passo.

 

53

 

Conquel furor che l'acqual'erba e l'ombra
lascia cervo assetatoingordo e stanco
alor che nulla tema il preme o ingombra
et il ferro e 'l velen gli è giunto al fianco
con quel furor Ferraú move e sgombra
il terren sí sopra il cavallo franco
che l'aria fende assai con minor fretta
alataleve e pungente saetta.

 

54

 

Ilfuroreil cavallo et il desio
veloce il porta in ogni alpestro calle;
il gran fiume trappassa e il picciol rio
quel pianoquesto monte e quella valle;
ma Virtúche da sé 'l vede in oblio
perché le par che 'l sommo uom troppo falle
ne la mente un pensier nuovo li cria
il qual l'arresta in mezo de la via.

 

55

 

Eli dice: “ Esser può che un cavaliero
come il sol chiaro adopri spada e scudo
contra una donna e un giovanetto altero
e seco mostri uno animo sí crudo?
O nato de Lanfusaascolta il vero:
tua somma gloria fia se tutto ignudo
vinci la fera donna e spegni quello
a danno altrui sí aventuroso e bello.

 

56

 

Casoe fortuna sol per farti onore
ti fer dianzi obliar l'arme e 'l cavallo
perché de gli occhi tuoi basta il terrore
a domar loroe tutto il mondo sallo;
che non sol con i duo t'è disonore:
entrar dovresti fin con Marte in ballo
sol coperto d'orgoglio e d'arme privo
perché tu sei fatatos'egli è divo.

 

57

 

Maquando fia che debbi andar armato
dirà ciascunlà onde affretti il passo
che furto sienperché di gemme ornato
tengano il nome del gran re circasso.
E se tu giuri che il guerrier pregiato
sacre a te l'aggia e chedi gioia casso
sia fatto cittadin d'un bosco folto
questo è un ver ch'ha di menzogna il volto

 

58

 

perchéun tal re vie piú l'arme che 'l regno
sempre pregiò; e che si creda poi
l'alta desperazion del signor degno
che difficil sarà giudicar puoi.
Or non far atto del tuo grado indegno
e s'armato a la impresa andar pur vuoi
io non tel vetoma tuo onor ben parme
che vi porti le tuenon l'altrui arme ”.

 

59

 

Dalmagnanimo e nobile pensiero
fedelmente ammonito e dal suo onore
non replicando altra parola al vero
sua ritrosa ira e suo natio furore
di render si risolve arme e destriero
d'i circassi a l'altissimo signore.
Ma lascio or luiche mi convien seguire
Sacripanteche muor senza morire.

 

60

 

Ritornoa luiche ciò che udí pur ora
l'ha cosí al vivo e trafitto et offeso
ch'uom saggio par ch'esce del senno fora
né può del duol piú sopportar il peso
e lo stare e l'andar tanto l'accora
che in sé lo fa dubbiar tutto sospeso
per ch'un pensierche coi suoi pensier giostra
l'insania del suo error chiaro li mostra.

 

61

 

Diceil pensiero a la sua mente: “ Quanto
quanto hainon vi pensandoerror commesso!
Tu eleggi consumar in doglia e in pianto
in solitario orrormiserte stesso
però ch'il caso temerario tanto
non fosse un dí ch'incontrar lunge o presso
ti facesse Medoro e darli morte
poi armi un che 'l conduca a simil sorte.

 

62

 

S'Angelicatu hai sculta ne l'alma
sí come dici e dai colpa a le stelle
d'aver ella ad altrui dato la palma
di sue bellezze fatalmente belle
perché a danno poi de la donna alma
ponesti l'arme in quelle maniin quelle
empie et invitte mani? Or pensar dèi
che chi Medoro uccide uccide lei.

 

63

 

Maquesto è nulla. Andando ora al Catai
Ferraúche fra i primi il vanto dassi
che l'arme tue per viltà date gli hai
dirà ciascun che a mendar altri stassi;
e forse ancor maggior biasmo n'avrai
che chi nel vede adorno a creder hassi
ch'ei t'aggia vinto e le porti per gloria
come vero trofeo de la vittoria ”.

 

64

 

Quetoil pensieroecco una donna afflitta
vedovasolain panni oscuri avinta
sí dolentesí mesta e sí trafitta
d'affanni carca sísí di duol cinta
che tanti sospir creatanti ne gitta
ch'avria per la pietade e mossa e vinta
qual sia piú indurata e fera voglia;
e piú si duolpiú del dolor s'invoglia.

 

65

 

Lagran beltàdi che gí dianzi altera
in lei non mostra piú di beltà segno;
nessuna fede fa di quel ch'ella era
sí 'l duol le ha spento il natural disegno.
Statua in cui Fidia pose l'arte intera
l'amorlo studio e 'l celebrato ingegno
guasta dal lungo andar de gli anni sembra
che d'uomo non ha piú forma né membra.

 

66

 

Dei duociascuno misero e infelice
parlarem poiperch'or chiamato sono
de la reina del Cataibeatrice
sol di Medoroa cui altero dono
ella fe' di se stessaonde il felice
seco stassi in Albracca e 'l dolce suono
de la celeste sua favella ‹'l› molce
quando lieto lo move e quando il folce.

 

67

 

Poiche Medor con doglia immensa scorse
il suo signor quasi bel fior che langue
del vomero mercéposcia ch'ei porse
umana aita al real corpo essangue
poi ch'egli del fin suo si stette in forse
e dipinse il terren col giovin sangue
poi che gli diè la donnaa lui sol pia
e la vita e se stessa in cortesia

 

68

 

sicondusse in Albracca egli e colei
che in lui la luce ha sempre fissa e intenta
(ese non che non liceio sembrarei
Angelica ad un'anima contenta
che in contemplar lo dio de gli altri dei
de l'eterna vivanda s'alimenta).
Mentr'essa il mira le nodrisce il core
soave face di gentile amore.

 

69

 

Dopolungogio‹io›so e consolato
dolce riposotrasse per diletto
un dí la donna il caro sposo amato
dove tutto il valor del mondo eletto
già si mostrò con sua gran gloria armato.
Pria per la terra il mena ed hagli detto:
— Qui fu il tal fatto — e giunta a quella parte
dove Agricane aspre memorie ha sparte

 

70

 

dice(e sospira): — Qui fe' guerra dura
Agrican sol contra d'Albracca tutta;
questa poca di piazza è sepoltura
di gente molta da lui sol distrutta;
qui facea la sua forza oltra misura
non lasciando di sangue fronte asciutta
cose d'eterna e singular memoria
se intoppo non avea sua tanta gloria.

 

71

 

Mentrela palma in fier sembiante crudo
stringer credeaqui apparve Sacripante
tratto dal gridosolferito e nudo
del vile stuol che li fuggia dinante
e svelto a l'altrui braccio un forte scudo
al feroce uom che facea prove tante
qui s'interpose e qui adrieto 'l rivolse
qui la palma di man gli scosse e tolse —.

 

72

 

Indipartiti e giunti a quella porta
al valor d'Agrican già uscio e varco:
— Qui fu— disse ella— anco gran gente morta
da quel crudelnon mai di sangue parco;
qui entraro ed usciro in schiera accorta
ciascun di féd'amore e d'arme carco
dieci tuonianzi folgori di guerra
che 'l ciel facean tremarnon che la terra.

 

73

 

Ilmagno padre miore Galafrone
piú di senno e d'onor che d'anni pieno
Brandimarteil circasso e Chiarione
AntiforAdrian (che aveano in seno
l'imagin mia) ed Oberto e Grifone
Aquilante e Torindo e quel che il freno
pone a i feroci e siede a gli altri in cima:
parlo d'Orlandoche dovea dir prima —.

 

74

 

Poitrapassati al campoMedor mira
i luoghi ove attendar schiere cotante;
con gli occhi or torna in dietroora gli gira
a le reliquie che si scorge inante;
l'ossa morte riguarda e ne sospira;
parte dà orecchie a le parole sante
di quella ch'è d'ogni suo ben radice
che 'l sentiero gli addita e cosí dice:

 

75

 

—Vedete quelle pietre e quelle spine
sanguigne ancora in questo e in quel camino?
Esse squarciaro e rupper le meschine
membra del miserabil Truffaldino
ch'ebbe con brutto scorno orribil fine
dal gran Ranaldodi Marte vicino
con grave ira di quei ch'aveano il pondo
di salvare il vil re da tutto il mondo.

 

76

 

Vedetequindi ove son l'orme impresse
di duo cavalli e dove sparse in terra
son tante maglie et arme aperte e fesse?
Fu tra il conte e 'l cugino orribil guerra:
gelosia ed amor con ire espresse
comosse Orlando sí ch'ivi sotterra
Ranaldo estinto il suo furor ponea
se la mia gran pietà nol soccorrea —.

 

77

 

Poili mostra u' del conte l'alta forza
trovò Marfisaqual trova onda scoglio;
poscia di leiche con la spada amorza
tutte le fiamme de l'umano orgoglio
narrò il valorcon cui piú eroi sforza
ch'a i suoi dí non ne vide il Campidoglio.
Medorcompreso il tuttoumíl s'affisse
e con suon dolce a la sua sposa disse:

 

78

 

—Con le sue gloriose et invitte arme
e Macedonia e Cartagine e Roma
che state sieno in questo campo parme
per impor l'una a l'altra servil soma —.
Rispose ella: — Col ver posso essaltarme
non per ornar d'eterno allor la chioma:
l'opre si fer'ma perché ogniun desia
sol trionfar de la bellezza mia.

 

79

 

Nonvinse me l'empio Agrican gagliardo
né Marfisané alcuno armato stuolo
e Medor col soave e dolce sguardo
mi vinse a un trattoe disarmato e solo;
non del mondo il colteld'Amore il dardo
a l'alterezza mia spennato ha il volo
né mai quanto valor splende fra noi
mosse il mio corma lo piegaste voi.

 

80

 

Nonle palmei trionfi et i trofei
né le corone de l'invitto conte
non di Ranaldoonor de i semidei
l'eterne e celebrate opere conte
non la gloria de gli altri servi miei
mi scaldar mai con le lor virtú pronte
ma voi tutta mi ardetee non men pento
sí è il cor del dolce suo foco contento —.

 

81

 

Medorche con beltà senno anco avea
di parole appagar li pare indegno
il magnanimo cor de la sua dea
che in don li diè se stessa e 'l suo bel regno;
onde si tace e tacendo piangea
e con le calde lagrime fa segno
ch'altamente ringrazia la donna alma
con la lingua de l'animo e de l'alma.

 

82

 

Haveacceso il bel viso di quel foco
ch'infiammar rosa dolcemente sole
quando s'apre vezzosa a poco a poco
tra il fin de l'alba e il cominciar del sole;
ella fiso lo mira et hanne gioco
che ben s'accorge quel ch'esprimer vole
col suo silenzio lagrimosoe in tanto
con le sue man gli asciuga il dolce pianto.

 

83

 

L'umorcortese e affettuoso asciutto
inviarsi ove il misero Agricane
combattendo col conte in fero lutto
sentí del valor suo le forze vane;
intero ancorma disarmato tutto
al fonte di Merlin sol si rimane:
urna non chiude l'orrido suo velo
cheinvece al marmolo ricuopre il cielo.

 

84

 

Senzaindugio il boschetto indi vicino
in atto trappassar dolce e lascivo
e giunti al fonte del mago Merlino
scorse il gran re simíle ad un uom vivo
che par morto dormendo; et il meschino
si giace in terra d'ogni pompa privo.
Com'ella il videcangiato il sembiante
si ristrinse a Medor tutta tremante.

 

85

 

Nondi rosa pallor né di viola
che sole o pioggia affliga in loro stelo
non pallidezza di leggiadra e sola
vergine pastorella che il bel velo
o tronco o sterpe fuggendo le invola
veduto il serpequando avampa il cielo
non languido color di fior reciso
rassembra quel de l'angelico viso;

 

86

 

mapreso qualità dal corpo estinto
il gentil volto candido e rosato
apparve di mortal color dipinto
sí de le guancie il sangue è dileguato;
ond'eglich'è da un tenero amor vinto
per la pietà del viso suo cangiato
da lo spettacol fer seco si tolse
e in piú gioconda parte i passi volse.

 

87

 

Indipartiro e giunser tosto in parte
ch'il timore e l'andar gli sgombra e affrena.
Mai di natura amor né studio d'arte
la piú nobil non fe' né la piú amena.
Le gelide acque che la fonte ha sparte
creano un rio che se medesmo mena
nel suo bel grembo e chiaro si ripone
in bel gorgo ch'onora ogni stagione.

 

88

 

Nonmanca al luogoche a lor tanto piacque
per l'eccellenzie sue nuove e feconde
arborifrondifioriombreaure et acque;
ma fioracqueaureombrearbori e fronde
d'ogni altro sito al sito ch'ivi nacque
nel qual continuo april suoi pregi infonde
par che rendin tributo e sembra il nido
di colei ch'anco onora e Cipri e Gnido.

 

89

 

L'acquapurail bel verde e il fresco vento
vagheggion fissi i singulari amanti;
la bella donna fa con l'andar lento
l'erbe fiorir presse da i piedi santi;
meno allegro si mostra e men contento
l'anno di maggio e de' suoi vari manti
che non fa il luogo de la copia bella
a cui s'inchina la stagion novella.

 

90

 

Displendido contesto e terso argento
ornate avean le pargolette membra;
propio d'angeli è lor bel portamento
e del ciel cosa l'uno e l'altro sembra;
gli comparte il dolce oro il velo e il vento
e chi veder giamai lieti rimembra
su i fior Cupido o su per l'erba dea
dica ciascuno “ è tal non “tal parea .

 

91

 

Orla sorte in un tempo ad ambo mostra
perché posin le membra pellegrine
quasi un bel‹l'›antro ne l'ombrosa chiostra
che senz'arte han composte alcune spine
onde bianca e vermiglia altera mostra
fan le rose vezzose mattu‹t›ine
de le quali il pratel s'adorna e infiora
poi che seco ha scherzato alquanto l'òra.

 

92

 

Nel'antroil cui secreto unqua non cede
del sole a i raggitra l'erbette e ' fiori
corcarsi soli; intanto l'aura fiede
ne i lor bei volti e spira grati odori.
— Medorch'è nel cor miosasselo e vede
quanti ha da me sera e matina onori —
l'alma Angelica dice —et ei sa come
riverisco et adoro il suo bel nome;

 

93

 

chenon pur i desir de i casti petti
ponno scaldar vostri sereni lumi
ma infiammerieno entro gli erbosi letti
sotto il ciel freddo i piú gelati fiumi
perché d'Amor son chiari nidi eletti;
e se di voi scorgano i bei costumi
queste piante e quel rivoio tengo certo
che gli arderete d'uno incendio aperto —.

 

94

 

Edei ne le parole ch'ella porse
gli spirti inebra e il cor fido consola;
poscia con la soave bocca corse
onde esce il suon de la favella sola;
e perché in lei celeste ambrosia scorse
in mezo a i labbri l'ultima parola
li bevve con un bascio ed umil disse:
— Vita et anima —. E qui tacque e s'affisse.

 

95

 

QuandoAngelica il bascio dolce a pieno
gustò con l'almaper la rosea bocca
stillando giú nel cor di desir pieno
da un vital morir sentissi tocca
tal che fore del tenero e bel seno
la dolcezza d'amor calda trabocca.
Ella parla e in lui tien le luci sole
ch'han prestato piú volte il lume al sole.

 

96

 

Quegliocchi affige in luiquegli occhi dove
il suo trono maggior Cupido tene
quegli occhi in cuitosto che 'l dí si move
per dar luogo a la notteil sol sen viene
quegli occhi a i quali fino al ciel di Giove
toglie il sereno ch'altero il mantiene
quegli occhi ove han le Grazie alto soggiorno
da cui chiara letizia prende il giorno.

 

97

 

Posciach'ebber di sguardi e basci grati
gli occhi e i labbri notriti a l'ombre sole
e gli orecchi attentissimi cibati
de la dolce armonia de le parole
de l'Aure i lievi e graziosi Fiati
da le roseda i fiorda le viole
e da le frondi dipartirsi queti
e gli angelici crin disciolser lieti.

 

98

 

Discioltol'ondeggiante oro sottile
e il vel che lo copria seco traendo
questa Aura de un bel crin forma un monile
il candido di lei collo cingendo;
quella dentro e di fuor del sen gentile
un altro aureo crin fa gir serpendo:
chi parte i bei capegli e chi gli preme
altra gli spargealtra gli accoglie insieme.

 

99

 

Idolci Sonni fra le frondi ascosi
mentre scherzan co i crin l'Aure lascive
del dolce vaneggiare invidiosi
le assalir le due stelle altere e dive;
e per farsi piú chiari e graziosi
si unir con l'Aurenon pur d'essi schive
ma sí amiche ch'ov'è l'Aura è il Sonno
e insieme consolar l'anime ponno.

 

100

 

Tostoch'i Sonni i begli occhi assaliro
la donna ora gli mostra aperti or chiusi:
non han valor ch'allumi con un giro
l'aere d'intornoqual di far son usi.
A tal sembianza il sol spesso rimíro
che i suoi lucenti rai tutti confusi
lieto or ne porge e mesto ora ne cela
se nuvoletto alcun lo adombra o vela.

 

101

 

Poinel serrar de i lumionde il sereno
perdette il dívisibilmente Amore
basciollae il foco suo mísole in seno
dileguò i Sonni e nel profondo core
discese il bascio di faville pieno.
Sí il disio le raccese et il fervore
che con strania lascivia pose al collo
le belle braccia al suo terreno Apollo.

 

102

 

Posciacongiunto l'uno e l'altro petto
si uniro insieme sí fervidamente
che d'ambo i cori con equale affetto
queti basciarsi incomprensibilmente
e i vaghi spirticorsi per diletto
su le labbrasi bevver dolcemente;
poi lenti a un tratto cadder sospirando
l'un l'altro in bocca l'anima spirando.

 

103

 

Inquesto il Sonnolusinghier soave
tra l'ombra e il verde senza impaccio apparve
e col favor de l'Aurette ch'have
ne i lor begli occhi entrò come a lui parve.
Ogni cura che punto il core aggrave
del Sonno a l'apparir da quelli sparve
tal ches'Amor non gli destava alora
e l'uno e l'altro dormirebbe ancora.


Canto Secondo

 


1

 

Nonsi curi del ciel chi in terra vive
felice amando e del suo amor contento
né lassú brami fra le cose dive
sentir la gioia ove ogni spirto è intento
perch'al sommo diletto par che arrive
solo il gioco amorosoe in quel momento
che de la donna sua si bascia il viso
s'ha il medesimo ben ch'è in paradiso.

 

2

 

Obeati color ch'hanno duo cori
in un sol core e due alme in un'alma
due vite in una vitae i loro ardori
quetano in pace graziosa et alma;
beatissimi quei ch'hanno i fervori
con desio pari scarchi d'ogni salma
né invidia o gelosia né avara sorte
gli nega alcun piacer sino a la morte.

 

3

 

Fadi ciò fede Angelica e Medoro
ne i quali Amor le sue dolcezze affina
ch'una beatitudine han fra loro
mercé de la sua stella pellegrina
ch'esser gli par sú ne l'eterno coro
e aver la gloria a Dio vie piú vicina
d'alcun beatoanzi gli par che il cielo
altro non sia che il lor ardente zelo.

 

4

 

Ilqueto Sonnodi posar contento
i lor sacri occhi abandonar non vole;
l'ombra del verdeil respirar del vento
de l'acque il suonl'odor de le viole
e de gli augelli il semplice concento
favor gli fan con tante grazie sole
ches'Amor non rompea sue dolci tempre
ivi gioivaivi albergava sempre.

 

5

 

Ruppesiil sonno umílplacido e chiaro
ne l'ora che 'l sol perde i raggi caldi
onde colmi di gioia si levaro
ambo de i freschi e teneri smeraldi.
Ne la partenza a pianger cominciaro
quei che cantavan sopra i rami saldi
i fior pallidi fersi e sparve l'ombra
et un vedovo orrore il sito ingombra.

 

6

 

Mentrei sentier fioriti et egli et ella
premon soavispiega il denso velo
l'umida notteonde la copia bella
prima con gli occhi fe' sereno il cielo
poi col guardo gli accese ogni sua stella
e godendo del dolce estivo gelo
si rendono in Albraccaove un corriero
trovarqual avea corso ogni emispero.

 

7

 

Dai freddi lidi a le cocenti arene
del Tanai e di Libia egli avea corso;
varcato ha il mar qual crea orche e sirene
e calcato d'Atlante il petto e il dorso;
tutte le selve ha cercod'orror piene
sin dove il sol raffrena e prende il corso
per trovar leie la saluta al fine
con volto basso e con ginocchia inchine.

 

8

 

Ilservo umíl l'altissima cagione
ch'errar fatto l'avea di clima in clima
con parlar breve a da suo par l'espone
ma lagrime e sospir traendo in prima.
Fattole udir ch'estinto è Galafrone
ellache seco il ver tacita estima
per fare al regno suo presto ritorno
entrò in camin ne lo spuntar del giorno.

 

9

 

Ildí ch'uscí d'Albracca ella e il suo sposo
entrò in Parigi con l'essempio altiero
il messo che lasciò nel luogo ombroso
l'alto circasso colmo di duol fiero.
Era il giorno felice e glorioso
che l'onorato singular Ruggiero
sol trionfò con sue virtuti conte
del temerario ardir di Rodomonte;

 

10

 

ondecon real pompa fur ridotte
nel tempio ivi maggiorsospese in alto
l'arme smagliate e fieramente rotte
di quel che volle a Dio mover assalto
(vestille il re d'Algier dopo Nembrotte
e d'antiqua bontà col ver l'essalto)
et in un titol d'or sopra si mise:
“ De Rodomonte fur. Ruggier l'uccise .

 

11

 

Perchépiacque al buon Carloin un momento
fu de l'arme arricchito il tempio tosto
e 'l mortoche de i vivi era spavento
dove morío suso un pilastro è posto
a guisa che si suol poscia che il vento
lascia dal mar con impeto discosto
di squame armatoil monstruoso pesce
che piú entrar non può ne l'acqua ond'esce.

 

12

 

Tostoche 'l messo reverente corse
ne le case realiin seggio altero
tra i dodeci robusti Carlo scorse
che in terra il padre par d'ogni emispero.
Stansi ne la sua fronteu' gli occhi porse
ArmeReligionla Fede e il Vero
e tacendo e parlando mostra segni
ch'obietto è sol de i trionfi e de i regni.

 

13

 

VideRuggiervide i famosi eroi
de la gran corte al suo valor sovrano
dar corona di lodee vide poi
piena di desioso affetto umano
Bradamante gentil co i modi suoi
basciarli umíl la vincitrice mano
avendo ancorabenché fosse ardita
dal suo bel volto ogni beltà smarrita

 

14

 

chese ben ella come il suo signore
non combatté con Rodomonte fiero
tutti quei crudi colpi ebbe nel core
ch'avuti per lo dosso avea Ruggiero:
mentr'ei guerra mortal fece di fore
ella contese dentro col pensiero
e l'avea quasi posta a l'ore estreme
de la sua palma una dubbiosa speme.

 

15

 

Mentrea Ruggier con tenera accoglienza
il famoso drappel soggiorna inante
mentre gioisce de la sua presenza
Marfisach'ha i trionfi nel sembiante
ecco il corrier con somma riverenza
curvarchinarpiegar fra genti tante
le spalleil capole ginocchia e dire:
— O magnanimosacroinvitto sire

 

16

 

messode l'alma Angelica son io
che imponermi degnòda lei partendo
ch'al mondo fessi noto che d'un dio
s'è fatta sposadel suo amor ardendo;
e perché il mondo a te sol paga il fio
gli incensi e i voti al tuo nome offerendo
al mondo il dicos'a te 'l dico —. E intanto
scoperse di Medor l'essempio santo.

 

17

 

Laschierail cui mormorio ivi risona
quasi quello del ciel quando cangiare
sua faccia suolche poi balena e tuona
quetò il saggio uomcome racqueta il mare
estiva calma che nulla aura sprona
tal che dov'è ciascun nessuno pare
chedal nuovo miracol mossi e tocchi
senza lingue a l'imago han fissi gli occhi.

 

18

 

Lostuol famosodi mirar contento
la gran beltà del colorato viso
sembra de buoni un bel numero intento
a porger prieghi al re del paradiso
e par l'aggia Medusa in un momento
converso in marmosí contempla fiso
la non piú vista incredibil beltate
ch'ha di sé le vaghe alme innamorate.

 

19

 

Aldache in altro foco unqua non arse
di quel ch'accese in lei pudico amore
sente da quella imagine disfarse
ch'or l'imprime il desio nel casto core;
in due rose vermiglie trasformarse
le guancie a Bradamante mostrò fore
che la nuova bellezza tocco le have
l'alma de cui Ruggier serba la chiave.

 

20

 

Mentrel'effigie a sé conversi avea
gli occhi e 'l cor di ciascun senza far motto
con l'anima un sospir Marfisa crea
che l'aere e 'l silenzio in uno ha rotto
ond'ogniun parla. Carlo sorridea
(qual uom per lunga esperienzia dotto)
de l'incauto sospir nato et estinto
mercé del vivo e bel giovin depinto.

 

21

 

Mavarco omai a quella donnaa quella
che ne la passion mesta e tremante
comparse oscuraquasi vile ancella
nel conspetto real di Sacripante;
la qual dopo i saluti gli favella:
— O cavalierper quel ch'io veggioerrante
e pien de guai e colmo anco di doglia
dolore è il miosia il tuo che duol si voglia.

 

22

 

Stranosignorse di contrarie cose
doler si debbe e se ne vive alcuna
che cagion ne abbia per sorti noiose
quella sono ioche cosí vol fortuna
e certoquando in terra il ciel mi pose
(che foss'io di non esservi digiuna!)
consentí ch'ogni sua empia influenza
sopra me trista fesse esperienza.

 

23

 

S'udirnon vi dispiacealto signore
i miei guai conterovvi a parte a parte —.
— Anzid'udirlo ho gran desio nel core —
disse il terror de la scola di Marte —
che tanta passion sento d'amore
che 'l cor fra tanto foco or mi comparte
ch'io non scemo il mio maleu' sono e fui
se non quando ch'io odo il mal d'altrui —.

 

24

 

Ellacomincia sospirando: — Io nacqui
quasi beata e di tal grazia ch'io
mai ad alcun servo d'Amor non spiacqui
et era vita a chi creommi e dio;
ma il nidoin cui con pompa altera giacqui
non oso diree n'ho sommo desio;
dirò ben che mi fece la mia stella
di re figliuola e mogliere e sorella.

 

25

 

Quelche sposo mi fu era nimico
del padre mioonde col campo venne
nel regno suoacceso d'odio antico
e quel con l'arme corsearse et ottenne.
Tentò piú volte Sua Corona amico
farsi il buon vecchioet ogni via ci tenne
e non mai di piegarlo ebbe rimedio
anzi u' il seggio tenea pose l'assedio.

 

26

 

Poidurando la guerraAmor piú volte
su le mura mi scorse e mi fece anco
lodarlo mentre apri' a le schiere folte
a questo il pettoa quel la gola e il fianco.
Su le porte un dí corse in ire sciolte
con un trapunto d'oro abito bianco;
senz'elmo il vidi e trappassommi al core
sua dolce vistacome piacque ' Amore.

 

27

 

Tostoch'io fui del suo bel viso accesa
cieca mi fece Amorcome far sole
desiosa almaad amar sempre intesa
quel che piú la consuma e piú le dole.
Io obliai ogni dannoogni offesa
che ne facea con le sue forze sole
e tanto amava lui quanto che il rio
odiava il buono e real padre mio.

 

28

 

Erareera vago e gioven era
era contoera saggio et era forte
n'altro piacer avea la Fama altera
che riportar dentro a le nostre porte
de i gesti suoi la lunga istoria vera;
tal ch'iospinta d'amore e da la sorte
di lui m'accesi e non m'avidi alora
quanto erra chi per fama s'innamora.

 

29

 

Nésoffrir possendo io al core in mezzo
l'ardente imago del bel volto adorno
un fido ritrovai secreto mezzo
e il foco mio li fei scoprire un giorno.
Eiciò udendodubbitosi mezzo
che fosse un laccio teso per suo scorno
ond'io men venni a lui pronta e sicura
per una ignota via angusta e scura.

 

30

 

Sottoil palagio avea una tomba cava
fatta per gran bisogniet in man mia
del sepolto uscio ognior la chiave stava.
Lo apersiohimè!e per l'oscura via
solinga andai —. In questo il pianto lava
suo dolce viso e a pena il retenia
e segue: — Io stessa andai nel cieco loco
dove lume mi feci col mio fuoco.

 

31

 

Amorche meco per compagno e duce
visibilmente per la tomba venne
inanzi al mio dio empio mi conduce.
Ei la lingua mi sciolse e 'l piè ritenne:
ciò ch'io feiciò ch'io dissiAmor mi induce
a fare e diree sempre le sue penne
mi scosse intorno al corperché la fiamma
de l'ardor mio non si scemasse dramma.

 

32

 

Comea lui giunsi e ch'ei s'avide chiaro
ch'io del suo avversario era la figlia
piú finse amarmi e piú avermi caro
che l'alma in seno e il lume ne le ciglia.
Quel ch'Amormentre ardea con duolo amaro
mi dettami amonisce e me consiglia
quel formaiquel ritenni e quello dissi
con un pianto ch'avria rotto gli abissi.

 

33

 

Nonsembrai già fanciulla incauta e vile
anzi serva d'Amore esperta e ardita;
trovai ogni parola che gentile
core a pietà de le sue pene invita
tal ch'eidentro crudeldi fore umíle
che tanto mor quanto il mio padre ha vita
in guisa d'uom ch'ingannar altri vole
disnodò la sua lingua in tai parole:

 

34

 

“Donnaio vi giuro per quel nuovo ardore
del quale accesa omai l'alma m'avete
ch'odio né sdegno il mio real valore
non ha spinto a quel fin che vi credete
ma un sol desio di sempiterno onore
una di gloria inestinguibil sete
è la cagion che fero oggi mi mostra
contra l'altezza de la sede vostra.

 

35

 

Mase a me date tanto modo ch'io
prenda la terra dove il campo ho intorno
a ciò ch'io adempisca il gran desio
che pria m'ucciderei che fargli scorno
il padre vostro fia suocero mio
mia sposa voicon cui farò ritorno
ne l'antico mio chiaro e nobil regno
che del vostro sarà sempre sostegno ”.

 

36

 

Comeio li udi' “ voi la mia sposa dire
tanta letizia il mio cor vago strinse
ch'io tornai molle a ciascun suo desire
et a dargli la terra Amor mi spinse.
Ei mi giurò sol de l'onor gioire
del vinto padree 'l dito poi mi cinse
de l'anel maritalee cosí prese
l'albergo dov'io nacquie quello accese.

 

37

 

Ilmio nido arse e uccisemi il fratello
su gli occhi al padree la madre infelice
dinanzi al figlioe passò d'un coltello
in grembo a mesemplice traditrice
chi l'esser diemmi; e dopo il caso fello
seco mi menae non mel contradice
vederlo io molle del mio sangue giusto
che tutto pote Amor spietato e ingiusto.

 

38

 

Orsúio vado col marito invitto
ch'ha il mio regno converso in piú ruine
egravida di luimio corpo afflitto
de i nove mesi è già condutto al fine
già il duol m'assaleet eich'ha nel cor fitto
il mio morirfe' pormi in su le spine
a ciò le spine e il duol ch'ognior mi accora
sien cagion ch'io e il parto estinto mora.

 

39

 

Iostessa mi spogliai la nobil vesta
che disperato amor mi fe' sicura;
scoprendo i membri dissi: “ O ingratoè questa
l'alta mercé de la mia fede pura?
Parti a reina sí vil morte onesta?
Ove fu mai che il padre sepoltura
a l'unico figliuol vilmente desse
inanzi ch'ei peccasse e ch'ei nascesse? ”.

 

40

 

Atai parole le spine pungenti
l'acute intenerir punte mortali;
fersi benigni i piú rabbiosi venti
ne l'udir l'innocenzia de i miei mali.
Duo servi intantoanzi fieri serpenti
per saziare i desir suoi e i fatali
me gittar su le spine e gran pietade
ebbe alora di me la Crudeltade.

 

41

 

Lespine mi dier luogo e caddi in l'erba
che sotto a quelle era ben folta e verde;
feci un fanciullo che l'effigie serba
del padre in viso e nulla non sen perde;
lo prende un servo e con vista superba
dice: “ Il re mioche teco ira rinverde
vuol ch'io l'uccidaa ciò finisca insieme
l'odio suola tua vita e sí vil seme ”.

 

42

 

Cosídisse e nel sangue il ferro immerse
ch'al cor passomme quando in quel si tinse
e le tenere membra a un tratto aperse
che pure alora il materno alvo avinse
d'intorno a lo spirtelch'al ciel s'offerse
prima che 'l sol vedessee 'l laccio scinse
de lo stame vital sul far del nodo
ch'è quel morir che piú che il viver lodo.

 

43

 

Fuirivestitaet ecco in aureo vaso
il duro laccioil coltello e 'l veneno
dono crudele et inaudito caso.
Meritava ioche l'avea sculto in seno
che per me sí reo fin fosse rimaso?
Dehperché non si turba il ciel sereno
mentre io 'l narro co i mesti accenti miei
e perché alora il sopportaro i dei?

 

44

 

Èmmi detto: “ Ecco il ferroil tosco e 'l laccio;
eleggi tu quel fin ch'elegger vuoi:
per tre vie trar l'anima d'impaccio
mercé del refallace donnapuoi ”.
L'empia propostache restar di ghiaccio
ogni alma ardente avria fatto fra noi
nulla mi sbigottínulla mi mosse
anzi stimai che in lei mia gioia fosse.

 

45

 

Conintrepido core e fronte ardita
con gli occhi fissi a le mie stelle forti
presi il ferrola corda e il tosco. Uscita
fuor d'ogni spemevolsi con tre morti
tormi ad un tratto una noiosa vita
et mi fecero i cieli ingiusti torti
non mi lasciando con le mandate armi
appendermiferirmi e avelenarmi.

 

46

 

Iomendica di spemeil laccio presi
per richiuder la via del spirto mio;
ruppesi quel tosto ch'a lui m'app[r]esi.
Il tosco bevvi con mortal desio
né con la vertú sua mio corpo offesi
che contra quel presi il ripar già io.
Strinsi il coltel per trapassarmi il core
ma ratto entrò tra 'l ferro e 'l petto Amore

 

47

 

Amorche in mezzo al mio desio si misse
non per camparmianzi per piú martíre
et alzando io la mano: “ O Folle disse
“ come ti può l'alma e 'l cor soffrire
d'offender l'idol tuoche a luci fisse
mira la spada che lo vuol ferire? ”.
A questo suon restò sospeso il colpo
che lui e Amor del duol ch'or pato incolpo.

 

48

 

Ioaveva ritratto al naturale
di serica opra il mio signor nel petto
in vista dolcea quella propio eguale
ch'ei mi porgea ne l'amoroso affetto
e mentre il ferro discendea mortale
di man mi caddeonde ebbi piú rispetto
a la imagine sua di spirto priva
ch'ei non ebbe a la mia senza cor viva.

 

49

 

Alloraquelche ne le notti inferne
nacqueperch'io morissi d'ogni morte
trar femmi in mar; ma l'alme dee eterne
sacre a Nettunno uscir pietose e accorte
da l'ampiesalse et umide caverne
e lor mercénon bontà de la sorte
mi salvaro; e 'l miracolo piú sdegno
crebbe in colui de la mia fede indegno.

 

50

 

Eiper mostrar che 'l mio mal prende a gioco
con rabbiosoostinato e inuman zelo
accender fece in sua presenza un foco
et io a lui: “ Sgombra da gli occhi il velo
ch'a tormi l'alma tal martíre è poco
perché farieno a piovere col cielo
questi occhie con il march'entro vi sento
la fiamma e il foco avrò consunta e spento ”.

 

51

 

Maparlo a l'ombra di teatro o loggia:
il fuoco è accesoe mentre in mezzo a quello
era gittataecco una orribil pioggia
ch'avria spento ancor seco Mongibello
ond'ioch'ardea d'una piú strana foggia
non arsiond'il mio sposo e amante fello
per far il fier desio di me satollo
stender mi fe' l'umíl tenero collo;

 

52

 

poichiamato un uom reocom'egli fero
disse: “ La testa vil tronca a costei .
Mia morte è in l'aria e giú piomba l'altero
colpo crudelefin de i dolor rei;
mi trema ancor pensandoci il pensiero
fa il membrarlo agghiacciar gli spirti miei
che smarriti nel cor sen fuggir via
quando al collo sentir la spada ria.

 

53

 

Ilcielche tanto mal soffrir non volse
sol perché io sia d'angoscie albergo e nido
dove il ferro non taglia in me rivolse
onde s'udí sonare il comun grido
che da gli animi altrui pietate asciolse
il qual con pregar dolceumíle e fido
diceamostrando il cor ne le parole:
“ Non die' volersi quel che 'lciel non vole .

 

54

 

Manulla vale. Ove abita un leone
fe' pormi l'inventor di crudeltade
il qual ebbe di me compassione
forse onorando la mia nobiltade
over che la sua alta condizione
con donna afflitta e in giovenetta etade
non si degnò di pur guardarmi appena;
ma gli fui tolta e data a un'altra pena.

 

55

 

Dentroil carcer mortal rinchiusa io fui
e viva in crude tenebre sepolta.
Le mie lagrime e 'l duolcaro a colui
di ch'io ragionocibarme ogni volta;
quel ch'io soffri' vederlo ora in altrui
mai non potreie chi mia sorte ascolta
e non piagne o sospira in luce tetra
è in carne e in ossa una insensibil petra.

 

56

 

Stettiin quel nuovo et empio abisso chiusa
la terza parte d'una fredda luna
tanto a nudrirmi de le mie pene usa
che ne stupia fin la mia rea fortuna.
Ogni cor pellegrin di biasmo accusa
quel monstro uman che non ha pièta alcuna
anzi al suon de l'oneste alte querele
piú rigido tornava e piú crudele.

 

57

 

Lepreghiere d'altrui cortesi e pie
per cui dovea il cor rintenerire
noiose gli fur sí che notte e die
rinovar meco gli facevan l'ire
e per saziarsi de le pene mie
molti archi e strali a sé fece venire
poscia al busto d'un albero legarmi
et inumanamente saettarmi.

 

58

 

Ch'ilcrederà? Mentre da gli archi uscia
questo e quel strale a tormi l'alma intento
de le saette il fier nembo partia
per miracol divino il mobil vento
e quanto il ferro piú dritto venia
per darmi al cordi quel ferir contento
tanto piú il pietoso vento in vano
fece il colpo da me cader lontano.

 

59

 

Alfine elesse una superba torre
alta e profondaperch'io cada giuso
ond'io mi sento in crude braccia torre
e subito portarmestalassuso.
Tevere et Arno sí ratto non corre
per lo suo letto qua e là diffuso
qual corse il rio ch'ogni mio ciglio sparse
quando la mia persona in alto apparse.

 

60

 

Giàle mie care membra non pians'io
che mi dovean fiaccar le ruine adre:
altamente temea lo spirto mio
d'incontrar l'ombra del mio caro padre
che certo detto avria con parlar pio
ne la presenzia di mia dolce madre:
“ O cieloo abissoche puoi legge darne
costei spogliommiio le vesti' la carne ”.

 

61

 

Orsúio fui gittata de la mole
che col ciel contendea d'altezza quasi;
corse a veder l'empia ruina il sole
e pianse i miei troppo infelici casi;
sonaro le mie ultime parole:
“ Voiche dopo di me sete rimasi
con chi viene scusatemich'errai
d'ogni altra piúche piú d'ogni altra amai ”.

 

62

 

Ipanni d'orgonfi da i ventifanno
al mortal cader mio vivo sostegno
tal che senza disconcio e senza affanno
quasi ch'io fosse di pennegiú vegno.
Questo ultimo miracol d'ogni danno
mi ristoròperché il mio sposo degno
in tal compassione a un tratto cade
che pianse di stupore e de pietade

 

63

 

econ pianti e sospir le braccie porse
al collo a me con tenerezza tanta
che lo spirito quasi col piè corse
fuor de l'uscio del corche mi si schianta
pensando al caso non piú inteso forse;
e fu la non sperata pietà santa
per fare in medopo gli strazii e i torti
quel che far non potero undici morti.

 

64

 

Eiche pur ora al duro core avea
piú ghiaccio che non ha di monte falda
ove il sol mai a stagion buona o rea
penetrando non vien con luce calda
di me pietoso in tante fiamme ardea
che con meno Cupido arde e riscalda
mille anime gentili e mille cori
e sol pensando in me par che s'accori.

 

65

 

Lepiú superbe nozze e le piú rare
fece ordinar con pompa gloriosa
ch'uman pensier si possa imaginare
e di nuovo mi fe' sua donna e sposa.
Venne la notte e quando coricare
mel viddi a lato con gioia amorosa
dissivolgendo a lui l'anima e 'l viso:
“ Io son tecosignoree in paradiso .

 

66

 

Eicon le nude e preziose braccia
parte cingendo de le membra mie
chinando umíle la sua nobil faccia
le luci affisse mestamente pie
ne gli occhi mieionde l'alma s'agghiaccia
quel sol mirando a le mie notti die
che mi parea che non so che di male
m'apparecchiasse il suo mirar fatale.

 

67

 

Pensosaio 'l guardo et ei con pensier mira
questo viso e mirando immobil fassi.
Chi ha visto un uom quando fuor l'alma spira
vede colui ch'a rimirarmi stassi.
Io dicea col mio cor: “ Forse il martira
il mio soffrirch'a pièta ha mosso i sassi ”;
et era ver che 'l suo pensier gli avea
spiegato in mente ogni mia pena rea.

 

68

 

Ilpensier gli spiegò ne l'alta mente
mia sola féche tal non fu né fia;
gli addita me che gli do puramente
padremadre e fratel com'ei desia
e pate quel dolor teneramente
che soffrisce un mentre ch'a vol s'invia
di madredi frateldi padre l'alma
grave a la carne piú d'ogni altra salma.

 

69

 

Vedeil foco ch'abrucia archi e teatri
de gli dei e dei re le case e i tempî
e n'ha quel duol ch'avria se de' suoi patri
vedesse in cener gir gli antiqui essempi.
Pensa a la siepe armata di spini atri
che dovea lacerarmi in feri scempi
et a quella pensandoogni sua punta
mortalmente ne l'anima gli è giunta.

 

70

 

Eccoche dice “ ohimè! e tremandoio
tremare il veggio e al ciel comporre il ciglio
che vede trappassar dal coltel rio
suo propio cuor come suo proprio figlio;
ma d'assai vinse il suo dolore il mio
chemio mal gradouscí da lui il consiglio
ch'uccise con un ferro a un colpo solo
la sua succession nel suo figliuolo.

 

71

 

Innocentemi vede al laccio appesa
e gli par che 'l suo collo il fune prema;
vede bermi il veneno e quella offesa
sente nel core e sbigottito trema;
mira la spada ch'ho ne la man presa
per tormi l'almaond'avien ch'ei ne gema
perché il ferroministro al crudo effetto
si sente fitto nel core e nel petto.

 

72

 

Ilmar profondo ove gittommi vede
e summerger pargli ivi a poco a poco;
per se stesso mercé piangendo chiede
nel rammentarsi che viva nel foco
fe' pormi a tortoperch'egli si crede
le propie membra abruciare in quel loco;
pargli che 'l colpo nel suo collo cada
nel pensar qual nel mio giunse la spada.

 

73

 

Guardail leon famelico che mira
me misera con orrido sembiante
e credendo che venga seco in ira
pallido fassigelido e tremante;
pensa ch'io stetti ne la prigion dira
senza cibo assai dí con pene tante
e ciò pensando l'assalgon le brame
di lungaingorda e insopportabil fame.

 

74

 

Eiseco pensa a le saette dure
che piovevan da gli archi in schiera forte
per rompermi le membrae le paure
ch'io ebbi alor di cosí fera morte
circondan lui e fa le ciglia oscure
ch'esser giunto li pare a simil sorte;
e la torre u' fe' trarmi rimembrando
cadde ne le mie braccia sospirando.

 

75

 

Nele mie braccia cadde e ratto al core
si ristrinser gli spiriti vitali
e diventaro un'anima che fore
uscir volendoaperse ambe due l'ali.
Io il sento molle in gelido sudore
freddi ha gli estremi de i membri mortali
e gli fur queste bracciaahi sorte dura!
gioiaduolvitamorte e sepoltura.

 

76

 

Nonfu nulla il veder mio genitore
la pia madreil buon frate e il figlio caro
morir di ferroe l'incendio e 'l furore
che il mio regno abattépiú tempi chiaro;
poco fu ogni spezie di dolore
che il mio corpo provò con martír raro:
doglia si può chiamar quella partita
che mi tien viva e seco ha la mia vita.

 

77

 

Ioso ben che il suo find'amanti essempio
gran giustizia è d'Amorma dovea io
patir per lui perché 'l suo cor fece empio
natura noanzi il peccato mio;
ma il ciel mi face (per cui di duol m'empio)
de l'error piú di lui pagare il fio;
e che sia 'l veroei gí del mondo fora
sola una volta et io vi vado ogn'ora —.

 

78

 

Seguitavala donna e dir volea
il nome suo e come disperata
partímorto il suo diocon pena rea
mentre istoria sí dura ha racontata
ma le parole in bocca le rompea
facendo a punto ne la selva entrata
un rumor che diresteo cade il mondo
o il centro ha fin sotto il terrestre pondo.

 

FINIS